Che il cambiamento delle abitudini alimentari sia per moltissimi una chimera lo sappiamo. Che allevare esseri senzienti, in modo intensivo od estensivo poco importa, per poi mandarli a morire, dopo magari averli fatti viaggiare ore al caldo, al freddo, per strade di ogni tipo e per ore ed ore senza sosta non sia eticamente accettabile ma che solo una minoranza di persone ne sia consapevole lo sappiamo. Ma leggendo e studiando l’ultimo Eurobarometro “Atteggiamento degli europei nei confronti del benessere degli animali” (qui per approfondire), ho ripensato alla dissonanza cognitiva, un concetto degli inizi del ‘900 elaborato nell’ambito della psicologia sociale, che è stato ripreso da Melanie Joy, nel libro che Alma Massaro ed io abbiamo tradotto per l’editore Sonda. Il libro s’intitola “Perchè amiamo i cani, mangiamo i maiali ed indossiamo le mucche?”(qui per approfondire) La Joy spiega perfettamente, perchè esista lo specismo nello specismo introducendo un nuove termine, “carnismo”. Il carnismo è un insieme di credenze che si basa sulle 3N, 3 giustificazioni che chi mangia carne dà a sé stesso. Queste giustificazioni iniziano tutte con la N. Mangiare carne è Necessario, perché se non si mangia carne le proteine dove le pigli. Normale, la carne si è sempre mangiata quindi perché dovremmo smettere. Naturale, l’uomo è nato onnivoro, è stato sempre così e sempre così sarà.
Queste N giustificative sono anche quelle alla base di altre discriminazioni come il sessismo ed il razzismo.
Il sistema carnistico è un sistema che si regge sull’invisibilità, ciò che non si vede, non esiste o comunque non si percepisce nella sua reale entità.
Se i macelli avessero le pareti di vetro smetteremmo, come esseri umani, dunque, di mangiare carne?
Io penso di no, ho sempre pensato, e non so se vivrò a lungo per vederlo, che l’unico motivo per cui l’umanità smetterà di mangiare carne sarà l’emergenza ambientale di cui gli allevamenti sono responsabili. Quando i governi si accorgeranno che l’allevamento è la seconda causa di inquinamento al mondo ci sarà una moratoria sul mangiare carne. In sostanza si sarà costretti a non mangiarla. Vincerà dunque l’argomento indiretto ambientalista sempre con l’uomo al centro, ma l’argomento diretto sarà sempre perdente.
Questa convinzione si è rafforzata dentro di me quando ho letto appunto l’Eurobarometro di cui parlavo sopra.
La prima domanda posta agli intervistati, un campione di 27.672 cittadini europei di cui 967 solo in Italia, attraverso la metodologia delle interviste personali, chiedeva: “Quali delle seguenti affermazioni descrivono meglio la comprensione per quanto riguarda il benessere degli animali?”. Si potevano dare massimo due risposte. L’86% degli intervistati pensa che il benessere animale consista sia nel dovere di rispettare tutti gli animali( 46%) che nel modo in cui vengono trattati gli animali d’allevamento offrendo loro una migliore qualità della vita (40%). Questa percentuale si abbassa, seppur lievemente, al 72% tra gli italiani intervistati.
Da queste risposte e da queste alte percentuali si deduce che i cittadini sono perfettamente consapevoli di trovarsi di fronte ad esseri senzienti così come recita l’articolo 13 del Trattato di Lisbona (nella sua versione consolidata del trattato sull’Unione Europea e sul funzionamento dell’Unione europea) : “Nella formulazione e nell’attuazione delle politiche dell’Unione nei settori dell’agricoltura, della pesca, dei trasporti, del mercato interno, della ricerca e sviluppo tecnologico e dello spazio, l’Unione e gli Stati membri tengono pienamente conto delle esigenze in materia di benessere degli animali in quanto esseri senzienti, rispettando nel contempo le disposizioni legislative o amministrative e le consuetudini degli Stati membri per quanto riguarda, in particolare, i riti religiosi, le tradizioni culturali e il patrimonio regionale”.
La seconda domanda era: “Secondo lei quanto è importante tutelare il benessere degli animali d’allevamento?”. Sia il campione europeo che quello italiano hanno risposto con, molto importante (57% UE e 47%IT) e abbastanza importante (37% UE e 47% IT) con una percentuale che raggiunge, quindi, quasi il 100%.
La terza domanda è ancora più interessante perché è così formulata: “ Lei ritiene che, in generale, il benessere degli animali d’allevamento nel nostro paese dovrebbe essere maggiormente tutelato rispetto a quanto non lo sia ora?”. L’’86% degli intervistati in Italia ha risposto sicuramente si (43%) si probabilmente( 43%).
Procedendo, un’altra domanda è ugualmente molto interessante e le risposte lo sono ancor di più. “Le piacerebbe avere più informazioni su come vengono trattati gli animali d’allevamento nel nostro paese?”. Ben l’80% degli italiani ha risposto sì. Ancora più incredibile è la risposta, in termini percentuali, alla domanda: “ Lei pensa che delle campagne di informazione sul benessere degli animali potrebbero essere un buon modo per influenzare positivamente gli atteggiamenti dei bambini e dei giovani nei confronti degli animali?”. Ha risposto sicuramente sì il 37% e si probabilmente il 47%, in totale l’84% degli italiani pensa che si debbano informare le nuove generazioni. Ma per cosa? Per far smettere di mangiare carne o per farne diminuire il consumo? La risposta la traiamo dalla domanda su quanto gli italiani sono disposti a spendere per assicurare un maggiore benessere agli animali. Il 43% degli italiani è disposto, infatti, a spendere una percentuale che va dal 5 al 20% in più. Ed infine l’ultima domanda che ho analizzato al fine di rispondere alla domanda “ Se i macelli avessero le pareti di vetro, si smetterebbe di mangiare carne?”, è : “ Lei pensa che attualmente i consumatori nei negozi e nei supermercati abbiano una scelta sufficiente di prodotti alimentari prodotti in condizioni che tengono conto del benessere degli animali?”. Il 16% ha risposto sicuramente si, il 38% ha risposto sì probabilmente, solo il 13% ha risposto certamente no. Ma, nonostante queste ottimistiche risposte dei cittadini/consumatori, l’etichettatura dei prodotti che assicurano gli standard di benessere è praticamente inesistente, poiché non vi è nessuna normativa che obblighi ad indicare in etichetta quale siano le condizioni di benessere assicurate all’animale da cui proviene l’alimento ( salvo che non avvenga su base volontaria). Eccezion fatta per quella relativa alle uova che è disciplinata in modo abbastanza preciso ai sensi del Decreto Ministeriale dell’11 dicembre 2009 concernente le“ modalità per l’applicazione di disposizioni comunitarie in materia di commercializzazione delle uova ai sensi dei regolamenti CE n. 1234/2007, del Consiglio e n. 589/2008, della Commissione e del Decreto legislativo 29 luglio 2003, n. 267.”(all.1)
Come si può, quindi, dedurre leggendo l’Eurobarometro il dato positivo è che sembra esserci un certo interesse per ciò che attiene il benessere degli animali. Tuttavia emerge chiaramente che gli intervistati, e se si deduce soprattutto dall’ultima risposta se comparata con le altre, non abbiano assolutamente idea di cosa si intenda per benessere degli animali nell’allevamento, che hanno un’idea edulcorata della stessa e che, aver denominato questa normativa a livello europeo “sul benessere e la protezione animale”, è assolutamente fuorviante.
Ritornando alla domanda da cui siamo partiti , “Se i macelli avessero le pareti di vetro i cittadini smetterebbero di mangiare carne?”, la risposta, alla luce della lettura dell’eurobarometro, non può che essere NO. Il cittadino non ha contezza di cosa preveda la normativa sul benessere animale, che tutto è tranne che una normativa che protegge il benessere dell’ animale in sé per sé considerato in quanto avente valore inerente, ma sa in quale condizione l’animale allevato viene detenuto grazie al proliferare di investigazioni sotto copertura per le quali dobbiamo senz’altro ringraziare alcune associazioni in Italia tra cui Essere animali, Free john Doe e No mattatoio. Come emerge chiaramente da questo sondaggio, ci si aggrappa sempre alle 3N della giustificazione di cui ho parlato precedentemente. Nello stesso momento in cui il 40% degli italiani risponde che il benessere animale si riferisce al dovere di rispettare tutti gli animali, le parole hanno un peso ma evidentemente lo abbiamo dimenticato, che ben l’80% chiede che vengano fornite più informazioni su come vengono trattati gli animali essendo addirittura disposti a spendere di più pur di vedere rispettate le condizioni di benessere, l’altro lato della medaglia è, appunto,che pur di mangiarli si è disposti a pagare di più.
La conclusione amara è, dunque, che seppur i macelli avessero le pareti di vetro e se le avessero anche gli allevamenti intensivi il numero delle persone disposte a rinunciare a mangiare carne sarebbe sempre un numero troppo ridotto per porre fine alla morte ingiustificata di miliardi di animali che ogni anno vengono sacrificati per il piacere del palato.