Circa 25 anni fa sono diventata vegetariana e dieci anni fa ho fatto il salto quantico e sono “finalmente” riuscita a diventare vegana. La mia esperienza personale mi ha convinto che sebbene la nostra vocina interiore, quando siamo così saggi da volerla sentire, ci porti verso scelte orientate al rispetto degli altri, e quando dico altri intendo tutti gli esseri viventi, il mondo materiale che ci circonda, fatto di usi, consuetudini, pregiudizi, credenze, attaccamento, convinzione di essere nel giusto, sentirsi superiori agli altri, etc, non ci fa percorrere la strada che la vocina interiore ci indica.
Sono diventata vegetariana il giorno in cui le mie orecchie sono state pronte per sentire le urla dei maiali provenienti da un mattatoio. Queste urla fino a quel giorno non le sentivo sebbene le ascoltassi tutti i giorni. Portavo, infatti, uno dei miei cani a fare tutti i giorni una terapia in una clinica veterinaria che si trovava accanto al macello. Ho portato il cane li per giorni e giorni e tutti i giorni c’erano i maiali che urlavano sentendo l’odore della morte.
Chiunque conosca i maiali sa che sono animali molto intelligenti e che hanno una percezione esatta di ciò che gli sta accadendo intorno. Ebbene, io non ho sentito in tutti quei giorni quelle urla, le sentivo sì ma come un fastidio non come una richiesta di aiuto, non come un grido di dolore. Eppure io mi ritenevo animalista, ero iscritta alla Lav da quando avevo 15 anni, non ho mai fatto del male ad una mosca, sono sempre stata contraria alla sperimentazione animale, ho sempre adorato gli animali e quando i bambini piccoli tagliavano le code alle lucertole provavo orrore, insomma partivo avvantaggiata in quanto a sensibilità. Eppure quelle grida non le sentivo come grida di dolore ma solo come fastidio.
Il giorno in cui le ho sentite prima col cuore e poi con le orecchie in quel giorno ho smesso di mangiare carne. Questa esperienza così forte ha determinato tutta la mia vita. Ho smesso di mangiare carne a 19 anni, ma ho impiegato qualche anno in più per smettere di mangiare pesce, in fondo, mi dicevo, io non mangio carne perché trovo che i mattatoi siano non-luoghi dove gli animali smettono di soffrire perché la gran parte della loro peggiore sofferenza è nell’allevamento intensivo.
Per cui giustificavo il mangiare pesce con la cantilena che il pesce finché non viene pescato è libero. Una giustificazione che mi davo per poter continuare a mangiare pesce che per una siciliana è considerato quasi obbligatorio.
Poi ho iniziato a non mangiare più i pesci grandi giustificando il fatto che i pesci piccoli nella catena alimentare vengono mangiati dai pesci grandi e che i pesci grandi tutt’al più possono venire mangiati dai pesci ancora più grandi e che quindi hanno meno competitori, insomma mi raccontavo delle balle colossali per giustificare le mie scelte alimentari e per non rinunciare a mangiare il pesce che mi piaceva tantissimo soprattutto il tonno, il pescespada, per non parlare dell’aragosta che da quando avevo cinque anni era il mio cibo preferito.
Il primo animale marino che non ho mangiato è stato il polpo dopo aver fatto un immersione e aver visto la precisione ingegneristica con cui chiude la sua tana. In quel momento ho pensato che mangiare un essere così intelligente sarebbe stato da cretini.
Insomma il mio percorso per disintossicarmi dalle abitudini è stato lungo e tortuoso, la mia vocina interiore mi diceva che le giustificazioni che mi davo erano veramente stupide, ma il mio Ego ed il mio Io razionale trovavano in queste giustificazioni un certo non so che di liberatorio.
Pure quando continuavo a mangiare pesce e a non mangiare carne mi sentivo superiore come qualcuno che aveva fatto una scelta controcorrente che la società doveva applaudire.
Invece, potete ben capire che 25 anni fa entrare in un ristorante e dire io sono vegetariana, si perché pur se continuavo a mangiare pesce io mi definivo vegetariana, come fanno oggi in tantissimi, era un delirio.
Nel migliore dei casi mi chiedevano cosa volesse dire, nel peggiore dei casi mi dicevano qui non c’è nulla che lei possa mangiare.
In 25 anni ho fatto dei passi da gigante, ma anche la società li ha fatti. Oggi dire ad un ristoratore sono vegetariana è una cosa totalmente normale mentre non lo è ancora dire sono vegana. C’è ancora chi mi dice qui non c’è niente che lei possa mangiare oppure mi propone le verdure grigliate che ho imparato a odiare perché ogni volta che devo mangiare fuori è l’unica cosa che mi propongono come secondo piatto nei ristoranti.
Tuttavia, oggi come oggi, è molto più facile, direi quasi all’ordine del giorno, trovare menù dove ci sono piatti vegetariani e stanno crescendo tantissimo i ristoranti vegani pur costituendo ancora una nicchia nella società.
Ancor più traumatico è stato il mio passaggio dal vegetarismo al veganesimo, per un motivo molto banale, io adoro i formaggi. Se c’ho messo un attimo a non mangiare più carne, circa cinque anni a non mangiare più pesce, ho messo quasi vent’anni per riuscire a smettere di mangiare formaggio.
Mi posso ritenere una formaggio dipendente, parlo al presente perché ogni volta che vedo persone che mangiano formaggio la tentazione di mangiarlo è fortissima ma la motivazione a non mangiarlo è ancora più forte.
Per questo mi fa ridere chi dice che l’essere vegani è una moda, perché essere vegani richiede una motivazione di base così forte che devi aver maturato dentro di te un autocontrollo che deriva da convinzioni molto ragionate e sentite le quali hanno permesso alla vocina interiore di prendere il sopravvento sulle giustificazioni.
Per questo motivo ho dedicato gli ultimi 15 anni della mia vita a scrivere, tradurre, pubblicare, tenere lezioni, seminari, corsi, sulla bioetica animale, sull’interazione che esiste tra l’essere umano e gli altri animali e come questa interazione venga tradotta in norme giuridiche ed in norme etico/sociali.
Mi sono occupata negli anni principalmente di decostruire le normative sullo sbandierato “benessere animale”, su cui sto anche scrivendo un libro, ma a partire dalla mia tesi di dottorato sullo xenotrapianto, ho spesso affrontato il tema degli animali geneticamente modificati, che sono il crocevia di più temi: la sperimentazione animale, le biotecnologie, il principio di precauzione, la bioetica, l’idea di progresso, la concezione meccanicistica degli organismi viventi, l’antropocentrismo spinto alle sue estreme conseguenze, l’idea di malattia e quella di salute.
Gli animali geneticamente modificati costituiscono, a mio parere, il paradigma della medicina odierna che parcellizza invece che unire non solo le parti del corpo tra loro ma anche la psiche al corpo.
Ricordiamo che la somatizzazione parte dalla psiche e si riflette sul corpo, non il contrario.
Poiché tutto questo materiale non aveva un luogo organico in cui potesse essere trovato ho pensato che creare un blog avrebbe consentito a chi è interessato a questi temi, ed al cambiamento che è necessario fare per interessarsene, di poterlo consultare ed aggiornarsi sulle modifiche legislative ed anche etico/sociali relative al rapporto di interdipendenza tra l’essere umano e l’animale non umano.
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