In questo video che è la relazione che ho fatto nel corso della Summer School. Cibo la vita condivisa, che si è tenuta a Milano a metà del mese di settembre di quest’anno, spiego quelle che sono le incongruenze del sistema normativo sul benessere animale in Europa. Incongruenze che vanno sia a svantaggio dei cittadini-consumatori che degli animali non umani. Con la differenza che i primi possono difendersi i secondi no. Spetta quindi a chiunque abbia un ruolo nella difesa degli interessi di tutti i soggetti coinvolti, compresi, quindi, gli animali non umani, denunciare queste incongruenze. Al di là delle parole, dei report, delle strategie europee, della denominazione stessa della normativa “sul benessere animale”, ciò che va testimoniato, e spero di averlo ben reso in questa relazione, è che gli animali non umani non sono tutelati per se stessi ma solo esclusivamente nell’ottica di trarre uno o più vantaggi per quelli umani. In quest’ottica tutte le associazioni e gli studiosi che si occupano di denunciare le condizioni in cui vivono gli animali non umani devono assolutamente abbandonare l’approccio welfarista, ossia quello che pensa “meglio poco che nulla”, perché questo allungherà molto più di quanto non si pensi il tempo di liberazione degli animali non umani dal paradigma antropocentrico.
Il benessere animale nelle normative europee ruota intorno al principio dettato dall’articolo 13 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), il cui contenuto ricalca lo stesso principio espresso nel Trattato di Amsterdam .
Questo principio riconosce gli animali come esseri senzienti i quali però sono, pur essendo senzienti, assoggettati ad una visione antropocentrica che li vuole mezzi per il raggiungimento dei più svariati fini umani.Lo stesso articolo 13, infatti, se, da un lato, statuisce la senzienza degli animali, dall’altro, legittima l’utilizzo degli stessi per la sperimentazione scientifica, per la produzione di cibo, per le tradizioni culturali etc.Le strategie europee per il benessere animale sono arrivate, nel tempo, al punto attuale in cui si parla di One health, One welfare.
Letto in questa chiave l’articolo 13 del TFUE trova una spiegazione logica.
L’animale non viene tutelato in quanto essere senziente di per sé, ma viene tutelato in quanto essere senziente, solo perché il riconoscimento della sua senzienza, e quindi della capacità di percepire dolore, paura, stress, emozioni positive e negative incidono sulla salubrità del prodotto animale nel caso di animali destinati a divenire prodotti da consumare, sulla veridicità dei risultati scientifici nel caso di animali destinati alla sperimentazione.
Letto in questa chiave interpretativa l’articolo 13 è dunque coerente con quelle che sono le politiche economiche europee.L’approccio welfarista, dunque, non è un approccio a tutela dell’animale, ma è un approccio a tutela dell’animale umano. Di conseguenza, continuare a sostenere politiche welfariste, non fa altro che allungare i tempi di presa di coscienza del cittadino consumatore circa le condizioni di sfruttamento degli animali non umani. Come dimostra l’Eurobarometro di cui ho parlato ampiamente qui, il cittadino consumatore crede che l’animale, proprio perché si parla di benessere, goda di una condizione di attenzione da parte di chi lo usa. Le normativa, tra l’altro, tranne nei casi dei suini, dei polli, delle galline ovaiole e dei vitellini, è una normativa di tipo trasversale che cioè non si occupa di tutelare l’animale secondo quelle che sono le caratteristiche proprie della sua specie ma disciplina l’allevamento in senso lato. Una grave carenza in questo senso è quella relativa alle mucche da latte, carenza che è stata anche evidenziata, in un recente rapporto europeo stilato da Donald Broom veterinario, ideatore della definizione di benessere animale, che ha sottolineato più volte nel rapporto come nonostante vi siano gli studi scientifici, e siano prodotti in abbondanza, sulla necessità di creare delle condizioni di benessere ad hoc per ogni specie di animale ciò non viene tenuto assolutamente in considerazione e vi è una grave carenza normativa.
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