La carne, che è stata sempre considerata la benzina per la macchina corpo umano, così come sta accadendo da diversi anni nei confronti del petrolio, viene sempre più spesso messa in discussione perché vista, piuttosto, come un veleno per la salute e per l’ambiente e per, non ultimi, gli animali stessi. Per questi motivi si stanno cercando delle vie alternative per sostituire la carne con altri prodotti che le somiglino. Così come, con l’aiuto della tecnologia, sono state costruite delle alternative al petrolio attraverso l’utilizzo di energie rinnovabili come il sole, il vento e l’acqua del mare, allo stesso modo si stanno cercando delle alternative alla carne ed ai derivati degli animali più in generale. Se per l’uomo è impensabile non utilizzare più la macchina, l’elettricità per illuminare la propria casa e per accendere il computer, allo stesso modo lo è pensare di rinunciare alla carne. Questa è la teoria alla base del libro di Francesco Buscemi, From Body Fuel to Universal Poison: Cultural History of Meat, 1900-The present, edito da Springer, ed uscito qualche mese fa, che ci spiega quali sono le ragioni per le quali è tanto impensabile e perché si stanno cercando soluzioni alternative.
La carne è un modo per creare una competizione tra natura e cultura, dai tempi di Platone ed Aristotele, per delimitare le classi sociali, i generi sessuali, i ruoli sociali ( l’uomo arrostisce la carne, la donna la cucina),il potere economico e per affermare la responsabilità genitoriale nelle aule di tribunale, in caso di contesa sull’affidamento dei figli di coppie in cui uno è vegano e l’altro no. L’autore è stato sceneggiatore e scrittore e dopo aver fatto un PHD sul cibo ad Edimburgo, su come i media in Gran Bretagna ed in Italia influenzano il nostro modo di mangiare, ha iniziato ad interessarsi all’alimento più controverso da sempre: la carne, poiché come si dice nel libro, parlare di carne non è come parlare di broccoli o piselli. Parlare di carne significa anche evidenziare, dice Buscemi, il ruolo che ha giocato, e gioca, nascondere dalla vista l’animale in quanto tale, tanto che oggi le macellerie non offrono più spettacoli di animali interi appesi ai ganci ma quello di pezzi già tagliati e pronti per l’acquisto o addirittura già impacchettati pronti per essere messi nel carrello del supermercato. Le parti dell’animale che rimandano all’animale stesso come testa, occhi, lingua, piedi, zoccoli non vengono più esibite ed i macelli sono stati spostati in luoghi lontani dai centri abitati, quando fino a qualche decennio fa i macelli si trovavano in centro città. A Messina, mia città natale, il macello era a fianco della facoltà di medicina veterinaria e nessuno ci faceva caso, compresa io che per anni non ci ho mai fatto caso, fino ad un giorno in cui, non so cosa sia successo nella mia mente, sono riuscita ad accorgermi che quelle che stavo sentendo erano urla di maiali che stavano andando a morire. Da quel momento non ho più toccato alcun pezzo di animale morto. Il libro spiega benissimo che questa rimozione visiva è dovuta all’aumento della sensibilità delle persone verso le sorti degli animali. Nascondere l’animale significa renderlo invisibile e diminuire le probabilità che le persone facciano il collegamento tra ciò che mangiano e chi era prima.
Mangiare carne ha tante valenze, la prima fra tutte riguarda l’idea di potere imporre la cultura sulla natura : ”a cominciare dall’era napoleonica gli esseri umani hanno adottato l’approccio industriale alla produzione di carne. Ma crescere animali soltanto per ucciderli e tenerli in un paio di metri quadri per la loro intera vita, nutrendo erbivori con carne e imbottendoli di steroidi e altre sostanze “innaturali” per trasformare le loro vite in cibo industrializzato significa rubare alla natura, che è la stessa cosa che è stata fatta con il petrolio e con il carbone. Gli esseri umani non hanno prestato attenzione alle conseguenze di questo comportamento, che significa inquinamento, insicurezza alimentare e problemi etici ed allo stesso modo per ciò che è accaduto con le energie da fonti fossili soltanto quando gli esseri umani hanno capito che sarebbe stato impossibile continuare su questo sentiero hanno cercato altre strade”.
La strada che è stata scelta per ovviare ai problemi derivanti dall’allevamento di animali, di cui ho già parlato in questo blog, è la carne sintetica. Buscemi mi ha detto, quando ci siamo sentiti al telefono per parlare del libro, che l’idea della carne sintetica è nata, secondo il trend che lui ha studiato, e che descrive nel libro, non tanto perché l’essere umano si renda conto di quelli che sono i disastri ambientali che dall’allevamento derivano ma che, piuttosto, un ruolo centrale ha giocato l’ascesa del veganismo e di una nuova consapevolezza. Sostanzialmente è stato intercettato un trend in crescita, che lui definisce “unstoppable” cioè che
non può essere fermato, e che è stato la molla che ha fatto scattare la ricerca di soluzioni alternative alla carne. Tuttavia la mia obiezione è che, se questo fosse vero, dietro la società Beyond Meat, non ci sarebbe il più grande colosso di produzione di carne di pollo in Europa. A mio parere, la carne sintetica, da non confondere con la carne geneticamente modificata o carne clonata, non è stata creata perché è stato intercettato il trend in ascesa del veganismo ma perché nel mondo occidentale, è ben noto che l’allevamento intensivo di animali sta diventando un grosso problema per l’ambiente ma soprattutto perché l’allevamento è un potenziale focolaio di epidemie. Non dimentichiamo i casi della BSE, dell’influenza aviaria, dei virus mutati H1N1. Inoltre, sempre a mio parere, la carne sintetica è anche un modo per contrastare, in modo tecnologico, l’ascesa economica della Cina, che, essendo arrivata “tardi”, su questo mercato sta costruendo allevamenti multipiano di suini. Tuttavia, da osservatore dei media, Buscemi insiste sul fatto che la discussione etica sta fungendo da stimolo per cercare soluzioni alternative e che la tecnologia, che viene spesso demonizzata, stia dando un grosso contributo in questo senso. La carne è, infatti, collegata a diversi valori e credenze, ad esempio Hitler fece della dieta vegetariana un’arma di propaganda. Per distinguersi dagli ebrei, che come sappiamo macellano gli animali attraverso la recisione delle carotidi senza stordirli, diede vita ad una legislazione contro il maltrattamento degli animali che è, tutt’ora, a detta sua, da considerarsi la legislazione contro il maltrattamento degli animali più avanzata al mondo, al pari di quella della California.
Allo stesso tempo, però, lo stesso Hitler chiuse tutte le società vegetariane perché la carne era utilizzata esclusivamente come storytelling politico per far passare il messaggio di essere migliori rispetto agli ebrei. Questo spiega come la carne, anche oggi, venga raccontata secondo l’obiettivo che si vuole raggiungere. Un esempio ne è l’aumento significativo dei programmi che riguardano il cucinare. Questi programmi narrano un modo di utilizzare la carne per essere visti dalla società come mascolino e vincente come il caso di chef famosi che utilizzano la carne, possibilmente di animali più disparati, per esaltare le loro doti non solo in cucina. Non è un caso che gli chef più riconosciuti ed apprezzati socialmente siano uomini. Una sorte di meat pride maschile televisivo.Allo stesso tempo, dice Buscemi, la carne ha seguito la strada del neoliberismo economico tanto che gli allevamenti sono ormai nelle mani di pochi gruppi “industriali” e così anche gli stessi macelli.Anche la carne è diventato un modo per accentrare il potere economico nelle mani di pochi.La carne sintetica, secondo me, non sfugge a questa logica tanto che dietro le più grosse companies che stanno sperimentando hamburger di carne sintetica “uguali” a quelli provenienti dagli animali ci sono Bill Gates, Google ed altri industriali ricchissimi.
Buscemi, pensa che la carne sintetica possa mettere d’accordo tutti, vegani etici, ambientalisti e carnisti indefessi. Io sono un po’ scettica anche se confesso che pensare oggi di far fare a tutti la svolta etica antispecista significa non avere i piedi ben ancorati a terra. Forse ha ragione Buscemi quando dice che la carne sintetica porterà le persone a riflettere sul fatto che in fondo, carne sintetica o no, si può benissimo vivere senza mangiare carne e questo contribuirà anche ad abbattere le divisioni sociali, culturali e di genere che abbiamo visto prima. Intanto il veganismo cresce senza sosta e pare che anche gli investitori della carne sintetica se ne siano accorti. E’ un bene o un male per la società? Questo lo potremo scoprire solo con il tempo ma se questo comporterà meno sofferenza per gli animali ben venga, al di là dei sofismi.Il libro a me è piaciuto moltissimo perché offre una panoramica esaustiva, e per nulla scontata, di quello che la carne ha rappresentato, e rappresenta, socialmente, culturalmente, religiosamente e simbolicamente nell’ultimo secolo fino ad oggi non tralasciando di attribuire il ruolo di protagonisti principali di tutte queste analisi agli animali non umani. Un valore aggiunto non trascurabile.