Qualche mese fa sono tornata alle Cantine Florio, che si trovano nella bellissima città di Marsala, per il Street Art Wine Fest e per fotografare i murales oggetto della manifestazione.
Ogni volta che faccio tappa alle Cantine Florio non posso non entrare nella boutique, in primis perché è un gioiello architettonico ed anche perché mi piace girare e vedere i libri che parlano della Sicilia e del vino.
Durante questa visita ho comprato per la seconda volta il libro di Enrico Alliata duca di Salaparuta, “Cucina vegetariana e naturismo crudo” edito da Sellerio. Ho comprato una bellissima edizione, nonostante già ne avessi una, perché è molto bella in cartone telato verde e perché questo libro di Enrico Alliata l’ho trovato storicamente interessante sia dal punto di vista etico che salutistico della dieta vegetariana/vegana. Il libro nella versione originale si intitolava “ Manuale di gastrosofia naturista, con raccolta di 1030 formule scelte di ogni Paese”.
Enrico Alliata, figlio di una delle più importanti famiglie della Sicilia, come ho avuto modo di leggere documentandomi, era definito “un personaggio” ossia una persona fuori dagli schemi, che praticava lo spiritismo, seguiva la teosofia e dava feste e banchetti esclusivamente vegetariani. La Sicilia dei primi del ‘900 era una Sicilia ben diversa da quella attuale, era un’isola centro del mediterraneo non solo geograficamente ma anche culturalmente.
Vista questa sua “particolarità” per un uomo ricco e nobile dei primi del ‘900 mi sono chiesta come mai non fosse vegano, termine allora inesistente, come insomma mai una persona così attenta alla salute ed all’etica avesse pubblicato un formulario così ricco di ricette con burro, uova e formaggi di ogni tipo. Il perché è presto detto: ai primi del ‘900 non esistevano gli allevamenti intensivi.
Confido che se Enrico Alliata ci vedesse oggi vorrebbe riscrivere il suo libro interamente in chiave vegan e rivedrebbe alcune parti della sua introduzione al libro.
L’introduzione a questo libro mi ha ricordato molto il del mangiare carne di Plutarco e per non togliere nulla alla bellezza della stessa la riporto integralmente, di modo che anche chi non ha il libro possa apprezzarne il ragionamento etico, che è tuttavia da contestualizzare al periodo storico in cui Enrico Alliata ha vissuto ma che va certamente nella direzione che dopo quasi 90 anni dalla pubblicazione di questo libro ( la prima edizione fu del 1930) oggi definiamo antispecista.
INTRODUZIONE
“Esaminiamo anzitutto il significato proprio ed etimologico del vocabolo vegetarianismo. Derivato dal verbo vegetare serve a definire quel regime di vita ritenuto il più razionale per far vegetare bene il corpo umano. Esso dunque non si limita al solo nutrimento di quest’ultimo, ma tutto quanto concorre al perfetto successo del suo processo vegetativo. Ad un regime di vita di indole etico e profilattico ugualmente puro ed in armonia con le leggi della natura.
L’uomo attraverso secoli di pregiudizi ed abusi ha tradito la sua vera origine che è eminentemente frugivora come lo testimonia anche la sua dentatura. La lenta degenerazione atavica conseguitane ha fatto sì che la durata massima della sua vita che (come riconosciuto dalla scienza) dovrebbe raggiungere i 130 anni, arriva appena alla media della metà. E un errore ritenere che ormai egli non può più ritornare indietro e ripristinare il suo originario regime, senza subire almeno momentanei disturbi. Il passare forse da un regime necrofagista ad uno strettamente vegetariano, di soli vegetali cotti può cagionare disturbi sempre transitori e non mai gravi, ma il passaggio ad un regime naturalista, o meglio ancora crudista, è una vera e propria liberazione ed una assoluta purificazione rigeneratrice. Del resto per eccesso di prudenza esso può farsi anche gradatamente e progressivamente.
Per il nutrimento dell’uomo sono necessari i seguenti elementi basilari: proteine, idrocarbonati, sali minerali, grassi, cellulosa e biogemine (vitamine, diastasi, ecc.).
Or la Natura ci prodiga tutto ciò spontaneamente e direttamente dai biondi campi di grano ai variopinti frutteti, dai verdeggianti orti alle fiorite praterie ove la vacca e la gallina attingono gioiose gli elementi per regalarci il latte che esubera all’una dalla nutrizione dei suoi piccoli e le uova che sovrabbondano all’altra in proporzione delle sue possibilità di covatura.
L’uomo con l’abuso della sua libertà d’azione sugli animali, ha dissociato tale potere d’arbitrio dalla sua responsabilità di coscienza da cui dipende; ha dimenticato che lo scopo evolutivo della vita attraverso le forme sensibili, non ammette distruzioni di queste per opera che non sia della Natura stessa per le sue grandi leggi della manifestazione. Egli non ha diritto di togliere ciò che non ha dato nè di accorciare la propria esistenza, nè quella dei suoi figli, nè quella degli animali; nè tampoco di permettere che dei suoi simili degradino i loro sentimenti ed i loro sani istinti nei mattatoi e nelle macellerie. Anche nella Religione Cristiana troviamo profondamente espresso il mandato che ha l’uomo verso gli animali e cioè quello di aiutare il loro progresso evolutivo, al cap. I v. 26 (Genesi) leggiamo: « E Dio disse: Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza; ed ei presieda a pesci del mare, ed a volatili del cielo, ed alle bestie, ed a tutta la terra, ed a tutti i rettili che si muovono sopra la terra ». Or presiedere (o signoreggiare come altri han tradotto) non può significare certo di conficcar loro il coltello alla gola o strangolarli per soddisfare i suoi degeneri appetiti necrofagisti. La responsabilità del presiedere e signoreggiare è invece evidente nell’alto significato di perfezionarne lo sviluppo evolutivo col razionale allevamento, il selezionamento delle razze, l’educazione degl’istinti, l’ammaestramento ad un lavoro utile e moderato; insomma tutto quanto concorre allo scopo della loro esistenza, che è quello del progressivo perfezionamento della vita in rapporto alla coscienza. E là dove questa manca o non è ancora del tutto manifesta, il suo sviluppo dev’essere presieduto da chi l’ha già conquistata. Ecco il compito etico, scientifico e filosofico che ha l’uomo verso gli animali. Nè vale il dire che con tale principio ci vedremmo assaliti da belve, rettili, insetti immondi, microbi, parassiti, ecc. Bonificate la terra col coltivarla e lavorarla costantemente e con questo presiedere su di essa, le belve, i rettili e tutti gli animali, piante ed erbe di cicli evolutivi inferiori non potranno vivervi, mentre la vita sarà costretta così a fluire in forme di evoluzione superiori; costruite razionalmente le vostre abitazioni, curate l’igiene del vostro corpo con massima pulizia, vita laboriosa, alimentazione pura naturale, condotta mentale retta e sobria e la vita attraverso le forme inferiori d’insetti, parassiti, microbi, ecc., non potrà svilupparsi intorno a voi. Trasgredendo invece a tutte queste leggi precise ed immutevoli, e perciò inesorabili, l’uomo ha ridotto il periodo della sua naturale esistenza ed ha fatto di ogni sua vita corporea un vero affardellamento di acciacchi e malanni; ha intralciato il grande piano dello Spirito che è l’evoluzione, sacrificando le giovani vite sensibili degli animali, che deve invece perfezionare e far progredire. Ha trascinato nella degenerazione i suoi fratelli che deve invece ingentilire ed elevarne la coscienza. Ritorniamo alla nostra pura origine! Questo è il grido che deve uscire da ogni petto per la nostra felicità e per quella dei nostri figli. Tutte le religioni, alle loro origini, hanno sempre bandito l’alimentazione carnea. In Oriente la vita degli animali fu sempre oggetto di culto e di rispetto: il Cristianesimo, che fa rimontare la sua dottrina alle Leggi Mosaiche ove testualmente è detto: Disse Dio: « Ecco che io vi ho dato tutte le erbe che fanno seme sopra la terra, e tutte le piante che hanno in sè stesse semenza delle loro specie, perché a voi servano di cibo », non potendo più ricondurre l’umanità all’osservanza delle leggi che furono l’origine della sua vita, ha dovuto limitarsi ad espedienti frenatori (penitenze, digiuni, Quaresima, quindi vicine, novene, etc.) Con premi spirituali, che costituiscono, se non più regimi profilattici, delle vere diete riparatrici. In eguale posizione trovasi la scienza medica che è costretta a limitare la sua opera alle sole cure dei mali già fatti e vediamo sorgere ogni momento stazioni climatiche, sanatori, stabilimenti dietetici, etc; tutti con trattamenti più o meno vegetariani a seconda delle possibilità di pronto adattamento.
Però le riparazioni tardive non possono che arrestare la continuazione dell’opera deleteria, e ciò che è stato distrutto non può essere più ricostruito. Non rimane dunque che gridava l’allarme affinché ritorniamo sui nostri passi per riconquistare quella vita lunga e sana, portatrice della felicità, che il retaggio dell’uomo. E lui soltanto, con la sua ostinata trasgressione alle giuste quanto inesorabili leggi di natura, che ha voluto rinunciarvi per l’immediato godimento incosciente ed in opposizione ad esse.
Nel regime vegetariano, naturista, oltre all’aver all’alimento sano e puro, troviamo tutto quanto può soddisfare i gusti più raffinati ed una volta rigenerata e tutte le cellule la necrologia diventa addirittura ripugnante, anche negli altri.
Un piatto di maccheroni conditi con formaggio burro e della frutta rappresenterebbero da soli tutta l’alimentazione che bisogno l’uomo; non pertanto non si deve rinunciare al piacere della mensa. Piacere non nel senso limitato alla sola voluttà del gusto, ma quell’insieme di soddisfazioni che in tal momento debbono ricreare più che mai lo spirito. L’incentivo di ristorare il corpo dal suo naturale esaurimento, con un sobrio pasto, deve coincidere con riposo della mente anch’essa affaticata dai pensieri del lavoro intellettuale, e con l’opportunità di potersi riunire con la famiglia o con i compagni di lavoro ed amici.
Così l’atto riparatorio fisiologico del corpo non deve essere fine a se stesso, cioè un grossolano godimento materiale, ma un mezzo al fine di ridare al corpo novello energia affinché lo spirito possa attraverso questo suo strumento rimesso in ordine, far fluire tutte le attività della vita nella sua più gioiosa, attiva secondo espressione. Vita vegetativa attiva vita spirituale pensativa sono le due inscindibili espressioni dello spirito che in tale sintesi realizza il suo essere. Nella religione cristiana vediamo come il più solenne dei sacramenti fu simboleggiato col cibo fondamentale: il pane, ed impartito durante la cena. Dalle nozze di Cana all’odierno convitto nuziale, anche nella più modesta famiglia di contadini, l’altro sacramento del matrimonio è stato sempre suggellato dal banchetto e così più importanti trattati di rapporti di pace fra le nazioni.
Per quanto dunque l’uomo possa benissimo alimentarsi al completo, anche con un pugno di semi e della frutta, non si deve rinunciare, quando si può, all’ora del pranzo che, anche modesto, rappresenta nella nostra vita un momento di retta e sana letizia; nel quale si ristabilisce ed esalta l’intera armonia delle forze dei sentimenti. Non si può mangiare ed assimilare il cibo se non si gode di pace gioia e non si può essere contenti se non ci si nutrisce sanamente, misuratamente con alimenti puri ed in fraterna compagnia.
Mens sana in corpore sano
La teoria della vecchia scuola biologica sostenitrice che nelle carni possiamo attingervi certi aminoacidi, risultanti dall’elaborazione assimila dice dell’animale, mentre non li possiamo trovare direttamente nei prodotti del regno vegetale, e ormai demolita anche dei fatti sperimentati che hanno sempre trovato praticamente come l’uomo non solo buon vivere, ma vive meglio con i soli prodotti della terra. Poi è stato dimostrato scientificamente come, per ragione di maggior grado evolutivo dell’organismo umano, questo può compiere la trasformazione suindicata, a se stesso ed in una maniera più perfetta che non la possa fare un organismo d’ordine inferiore come quello d’ogni animale. Bassi d’altro canto empiricamente osservare che gli animali dei quali sono studiate le carni e trovati detti aminoacidi, sono esclusivamente erbivori. Or se essi possono compiere questo processo elaborativo attraverso alimento di sole erbe, il miglior modo potrà disimpegnare un organismo d’ordine superiore attraverso un’alimentazione naturista completa. Non regge dunque la presunta utilità e tantomeno il preteso bisogno di ricorrere ad un pigro e degradante parassitismo non degno della nobiltà dell’essere umano, sia come etica individualità come entità biologica.